Scritta in occasione della mostra personale di Silvana Lunetta a Palermo nella Galleria L’altro Arte Contemporanea.
Scrivevo qualche tempo fa che la grafia insistita tra il nero china e i delicati toni ranciati, bruni e grigi, affidati a sfumature quasi impalpabili,caratterizzano il personale linguaggio dei segni di Silvana Lunetta. Ed ancora aggiungevo che per conquistare gli sfumati di un particolare adottato, vuoi una pietra oppure un’accidentata e contorta corteccia o ancora una concrezione di roccia, l’artista lavora con la tecnica della china che in apparenza è una tecnica facile,ma nella realtà espressiva non lo è, poiché le scelte per conquistare la forma sono complesse. Coerentemente continua la sua ricerca sulla natura e alle rocce che elabora sin dagli anni ottanta, alle cortecce degli anni novanta aggiunge questi nuovi “paesaggi” oltre il paesaggio.
In occasione di questa mostra, non posso che riconfermare ciò che mi era parso di capire allora. Volumetricamente i fogli, oggi, sono piu intensi e le forme di colore cominciano ad impadronirsi dello spazio circostante. La materia vibra e si offre alla luce e l’artista, in queste opere libere nei loro sviluppi ritmici, raggiunge una sicura evocazione formale,una precisazione dell’immagine, un’armonia ritmica, dimensionale e proporzionale.
Questi disegni appaiono sostenuti da un filo conduttore che anima e sviluppa una geometria di ritmi. I segni, l’intrecciarsi contrastato delle linee, quasi con musicale euritmia, simboleggiano e interpretano sentimenti. E’ la vigile coscienza dell’artista che porta ad un racconto oltre il paesaggio.
Nei più recenti lavori, dove non sono ravvisabili espedienti gratuitamente riempitivi né alcun trucco tecnico, le composizioni si sono arricchite di elementi aggiuntivi e mi sembra l’artista voglia esprimersi in termini più composti ed ancor più analitici della realtà.
L’elemento chiave di lettura è la varietà nell’unità degli intenti compositivi. Voglio così sostenere che tutte le sue forme, pur essendo sostanzialmente apparentate e riconoscibili, rivelano percorsi diversi ma con coerenza tematica ed espressiva. Si traducono in personali invenzioni e riscoperte di ritmi, in una sua morfologia personale .Il senso plastico, inseparabile dalla natura stessa evocata dai disegni, si svela nei particolari dell’intera struttura e nelle varie graduazioni tonali (molti di questi nuovi lavori sono sostenuti da carte a mano dipinte in tinte modulate che presentano una gamma di colori caldi che variano dai piu intensi a i più pallidi, agli azzuri, ai verdi sfumati). Diventano echi di luce che dispongono una fuga di rapporti.
La realtà paesaggistica che va oltre il paesaggio, è superata dall’esigenza di autentiche invenzioni fantastiche. Fra intuizione lirica e trascrizione grafica nasce un linguaggio proiettato in volumi e superfici, di convincente equilibrio, che trova una sua atmosfera unitaria.
Nell’efficace racconto di questa rinnovata ultima stagione, tra chine, collage, Silvana Lunetta evoca musicali vibrazioni, le forme sono limpidamente intuite nella coerente modulazione dei pesi, delle luci e delle ombre. Appare una nuova cadenza di segni, una rinnovata costruzione attorno al “colore dei segni” modulati che diventano anch’essi colore. Appare Silvana Lunetta come si attardasse per esprimere il ripensamento di luoghi cari o la folgorazione di uno scenario inatteso e d’improvviso, riemerso dalla memoria. La coerenza dinamica, inoltre, fra disegno e ceramica, si sviluppa secondo un destino eminentemente segnico. In particolare nei suoi ultimi lavori di ceramica in Raku, tecnica di origine giapponese, il cui termine letteralmente significa piacevole, gioia di vivere, che nasceva in sintonia con lo spirito Zen e che intendeva esaltare I’armonia presente nelle piccole cose, maggiormente si sente la nostalgia della natura, la necessità della forma arcaizzante, la necessità di manufatti elementari.
L’effetto estetico ottenuto dall’artista nissena viene esaltato dall’uso sapiente di ossidi (e smalti con riflessi metallici).Tra questi privilegia l’ossido di stagno che restituisce corposità al colore, I’ossido di rame che produce in cottura il colore verde in tutte le sue tonalità e che aggiunge straordinari riflessi metallici di color rosso, l’ossido di cobalto per il colore blu, l’ossido di manganese per il colore simile al violaceo bluastro della melanzana ma anche il nitrato d’argento per ottenere effetti madreperlati dorati.
Gli oggetti di questa mostra, prodotti su un’argilla robusta e refrattaria per lo più vasi o forme che li ricordano, restituiscono un sapore antico, negano secoli e secoli di civiltà, cercano di riconquistare la bellezza nella semplicità e naturalezza delle forme che rimanda a gesti istintivi, quasi elementari.
Vorremmo dire di più, sollecitati da suggestioni e memorie, che i vasi realizzati in raku rimandano ad antichi riti e comportamenti ormai dimenticati. Ci permettiamo soltanto di aggiungere che Silvana Lunetta con questi ultimi lavori che si aggiungono alla lunga attività grafica e pittorica, abbia voglia di restituire alla natura la sua sacralità e il suo mistero, con la complicità dell’arte.
Palermo, primavera del 2006, inverno 2010.